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La letteratura è finzione o descrizione? Fantasia o resoconto?
Borges sosteneva che il realismo, che raggiunse il suo picco nella seconda parte del Novecento e che tuttora occupa gran parte della produzione letteraria mondiale, non fosse altro che un breve periodo di transizione.
La storia della letteratura, affermava l’autore argentino, è da sempre il regno dell’immaginazione e tornerà presto a esserlo, dopo questo singolare momento, in cui gli scrittori si sentono in dovere di avere come modello l’attualità e la realtà di tutti i giorni. I viaggi di Ulisse tra ciclopi e sirene, Astolfo che galoppa sino alla luna a cavallo di un ippogrifo, Dante che scende all’inferno tra dannati e diavoli sono i molti esempi a cui poteva attingere per corroborare la sua tesi.
D’altro canto, Auerbach, nel suo noto saggio “Mimesis”, tentava di dimostrare come in verità tutta la letteratura occidentale sia tesa a raccontare la realtà contingente, anche dove meno ce lo aspetteremmo, come appunto all’interno dei canti della Divina Commedia. Attraverso un’attenta analisi delle forme espressive e dei contenuti, il filologo tedesco mette in luce l’aderenza che anche i testi più fantasiosi da sempre mostrano con la concretezza della storia e della quotidianità.
Il dibattito tra le due opposte scuole di pensiero è ancora aperto, anche se non crediamo sia così insanabile: forse entrambe le componenti, quella di finzione e quella verista, convivono in ogni scritto, dandosi segretamente forza a vicenda.

(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)

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