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Come fareste se vi capitasse di vivere in un luogo in cui alle donne, fin dalla più tenera età, viene imposta l’infibulazione, l’interruzione degli studi, un matrimonio combinato, l’improvviso ripudio da parte del marito, l’obbligo di badare unicamente alla casa e ai figli, il divieto di cercarsi un lavoro e una carriera?
Vi pare uno scenario da fantascienza? È quello che accade anche oggi in molti paesi del mondo, appena dall’altra parte del Mediterraneo.
È quel che accade a Marwa, cresciuta in Francia e costretta dal padre a tornare in Egitto per crearsi una famiglia.
È quello che accade a Noura, che deve tornare alla famiglia di origine, segregata in casa, dopo essere stata ripudiata dal marito perché non riusciva a dargli dei figli.
È quello che accade a Souad, quando il suo grande amore è costretto dai famigliari a contrarre matrimonio con una ragazza della sua etnia e anche lei si dovrà rassegnare ad accettare un matrimonio combinato.
È quello che accade alle nove donne egiziane le cui voci J.H. Yasmin ha raccolto in “La mia patria sono io”. Storie dolenti, storie di soprusi, storie arcaiche eppure attualissime.
Nove donne che hanno accettato di raccontarsi nella speranza che le loro testimonianze contribuiscano al cambiamento di una società fortemente maschilista e patriarcale.
Nove donne che hanno offerto la propria storia ai lettori italiani con la speranza di essere finalmente ascoltate.
In tutto il mondo le donne ancora oggi soffrono per le imposizioni dei regimi e delle tradizioni culturali e religiose. Ma ovunque e da sempre sono riuscite a trovare la libertà grazie alla grande forza che le contraddistingue, come ci insegna la storia dei movimenti femministi o quel che sta avvenendo in Iran.

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