Stavolta ci occupiamo di una figura retorica frequente anche a livello colloquiale, seppure spesso impiegata in maniera inconsapevole.
Si tratta della sineddoche. Sta a dire: la sostituzione di due termini collegati tra loro per mezzo di una relazione quantitativa.
Quando usiamo la parola “senzatetto”, per esempio, vogliamo indicare una persona senza fissa dimora. “Tetto” qui sta a indicare l’intera casa. Usiamo perciò una parte per il tutto.
La sineddoche avviene anche all’opposto, adoperando cioè il tutto per indicare una sua parte, come quando diciamo “Ho comprato un montone rivoltato”, mentre in realtà ci siamo limitati a comprare solo la pelle dell’intero animale, opportunamente conciata.
Fa parte di tale procedimento linguistico anche l’uso che facciamo di un aggettivo, omettendo il sostantivo a esso correlato: “Il mio cane è un maremmano” per il pastore maremmano, o “Ho comprato una tedesca”, sottintendendo “vettura”.
Si può usare la specie per il genere o viceversa.
“Quanti cristiani ci saranno in questa piazza?” nel primo caso, dove “cristiani” sta a indicare gli esseri umani in generale.
Al contrario, è facile sentire affermare da qualche gattara “Io adoro i felini”, pur riferendosi unicamente al gatto domestico.
Un numero determinato al posto di quello indeterminato (“Ho comprato cento uova” per dire “tante”), e il contrario (“È una vita che sto qua ad aspettarti”).
C’è poi l’uso del singolare per il plurale: “Il cittadino non ama essere preso in giro dai politici”. Ovviamente ci si riferisce alla cittadinanza nella sua completezza e non a una singola persona.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
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