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Un libro, che lo si voglia o no, si giudica inizialmente dalla copertina. Specialmente se è un libro che ancora non conosciamo, di cui nessuno ci ha parlato, che adocchiamo per caso tra gli scaffali di una libreria o che viene promosso dall’algoritmo di qualche sito di vendite online.
La grafica deve colpire l’occhio, certo, ma è il titolo che deve essere abbastanza accattivante da raccontarci qualcosa di quel libro nella sua concisione tipografica.
E allora, come scegliere il giusto titolo per il nostro libro?
A volte non è l’autore a farlo, è troppo coinvolto o magari difetta di capacità di sintesi. Può essere l’editore o il curatore a sceglierlo in via definitiva. Comunque sia, il titolo dovrebbe risultare sufficientemente allusivo e promettente.
Può essere descrittivo come “Moby Dick, la balena bianca” o “Alice nel paese delle meraviglie”, può accennare al senso complessivo dell’opera come “Alla ricerca del tempo perduto”.
Può essere un’interpretazione determinante dell’intero romanzo come “Ulisse”, grazie a cui James Joyce ci suggerisce subito la giusta chiave di lettura della giornata di Leopold Bloom.
Può cercare di incuriosire con un riferimento che ha bisogno di più informazioni come “Christiane F. – Noi i ragazzi dello zoo di Berlino”, oppure essere enigmatico come “Il nome della rosa” o “La solitudine dei numeri primi”.
Altri titoli, invece, c’entrano poco con il testo, come “La Divina Commedia”, ma suonano così bene da imprimersi nella mente dei lettori per i secoli a venire.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
Siamo una casa editrice NON A PAGAMENTO, perciò investiamo i nostri soldi, lavoro e competenze solo per pubblicare libri di cui ci innamoriamo. Se siete degli scrittori meravigliosi, potete inviare i vostri testi, in formato word o pdf, a pubblicazione@popedizioni.it Ma prima rileggeteli, valutateli e correggeteli con onestà, generosità e rigore. E ricordate che i refusi non sono una disattenzione, sono una perversione. Grazie.

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