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Il solito Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia, quello che qualche mese fa pretendeva che il dispenser fosse chiamato “dispensatore” (non sapendo che in italiano “dispenser” in realtà si traduce con “erogatore”) ora propone una multa fino a 100mila euro per chi impieghi termini stranieri nei documenti ufficiali.
È giusto secondo voi usare dei forestierismi quando potremmo tranquillamente ricorrere a vocaboli già presenti nella nostra lingua?
Se un tempo erano soprattutto gli snob a esprimersi con intercalari presi da altre lingue (come la società salottiera torinese descritta nei romanzi di Fruttero e Lucentini), ormai chiunque, a qualsiasi livello sociale, tende a masticare qualche parola d’inglese, specialmente per ciò che riguarda le nuove tecnologie, fin da quando il calcolatore elettronico è diventato più semplicemente il computer.
Questo perché i termini tecnici vengono quasi sempre presi di peso dall’idioma cui appartiene l’innovazione che stiamo adottando. Ma anche perché spesso l’anglicismo è più diretto dell’equivalente italiano.
Funziona così di solito: diciamo app al posto di applicazione digitale o switchare anziché “condividere una periferica” perché sono più veloci da pronunciare.
Quando il Fascismo tentò di italianizzare molte voci straniere, resistettero solo le più convincenti, come “tramezzino”, tuttora più utilizzato di “sandwich”. Il punto è che la parola “tramezzino” fu coniata da D’Annunzio, non da Rampelli, il che fa una bella differenza.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
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