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La letteratura che vede come protagonisti gli animali ha una tradizione antichissima.
Parte perlomeno con le favole dell’Antica Grecia (che si distinguono dalle fiabe perché queste ultime hanno come protagonisti gli esseri umani).
Gli animali di cui l’autore narra possono essere descritti in maniera realistica, da un punto di vista etologico per così dire, fedele alle loro effettive caratteristiche comportamentali, come nel caso di “Zanna Bianca”, oppure possono servire per parodiare vezzi e vizi umani, come nel romanzo “La fattoria degli animali”, in cui Orwell rimanda al rischio di una deriva dittatoriale di regimi politici nati con intenzioni egualitarie.
Una via di mezzo è “La collina dei conigli”, dove Richard Adams descrive accuratamente questi roditori pur donando loro pensieri e sentimenti del tutto umani.
C’è “Il libro della giungla”, in cui Kipling fa convivere alla pari un ragazzino con le fiere che abitano le selve indiane.
Negli anni ’70 godette di un enorme successo “Il gabbiano Jonathan Livingston”, un libretto in cui l’uccello che dà il titolo all’opera non fa che volare, snocciolando una serie di pensieri piuttosto New Age sull’esistenza.
La tradizione continua, visto che il Premio Campiello l’anno scorso è stato assegnato a “I miei stupidi intenti”, esordio letterario di Bernardo Zannoni, una sorta di romanzo di formazione zoologico in cui seguiamo una faina alla scoperta dei principi che regolano il mondo.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
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