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Nella maggior parte dei casi il romanzo d’esordio rappresenta una vera e propria esplosione emotiva: è come se il suo autore volesse riversarci tutto quello che ha vissuto e meditato negli anni che hanno preceduto la sua stesura.
Imparerà più tardi, dal secondo romanzo in poi, a dosare meglio tempi e contenuti.
In secondo luogo, si tratta molto spesso di un romanzo di formazione (o “bildungsroman”, per usare la definizione originale, coniata dal Romanticismo tedesco): genere che descrive il passaggio del protagonista dall’età più acerba a quella adulta, con tutte le esperienze e i traumi che ciò comporta.
Il romanzo di formazione non nasconde elementi anche fortemente autobiografici.
“Morte a credito”, “Ritratto dell’artista da giovane”, “I dolori del giovane Werther”, “Il giovane Holden” o “Martin Eden” hanno proprio questo in comune: con pseudonimi e dissimulazioni neppure troppo calcati, finiscono per narrare il periodo di transizione vissuto in prima persona dai loro autori.
Secondo alcuni studiosi il romanzo di formazione è peraltro erede degli antichi cicli letterari di eroi e paladini, nei quali si assisteva alla costruzione morale ed epica dei personaggi principali attraverso una serie di prove di coraggio che si rispecchiano, in forma attualizzata e imborghesita, nelle peripezie ambientate stavolta non più durante leggendarie scorribande tra mostri marini o giganti monoculari, oppure in terre sacre da espugnare dagli infedeli, ma tra le strade delle moderne città.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
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