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La scrittura assomiglia a un sogno che porta consiglio se sei Jorge Luis Borges o Thomas Bernhard.
Altrimenti, scrivere può somigliare a un incubo: a fronte di pochi, meravigliosi attimi di senso di onnipotenza scaturiti dal guizzo, dalla luce di un’intuizione, seguono necessariamente ore impiegate nel tentativo di:
1) tradurre la luminosa intuizione in pensiero creativo;
2) tradurre il pensiero creativo in pensiero logico e sequenziale, seppure non del tutto corrispondente all’intuizione di partenza;
3) tradurre il pensiero logico in parole che non ne appiattiscano eccessivamente il senso e le sfumature;
4) sostituire le parole trovate con altre più adatte a restituire la pienezza, la complessità e l’essenza del pensiero che, via via, si staglia dinanzi a noi chiaro e delineato;
5) rileggere e riscrivere affinché il pensiero e le parole si trasformino in capacità di raccontare;
6) lasciare decantare il testo per qualche giorno e poi revisionarlo affinché la capacità di raccontare si trasformi in capacità di emozionare.
Perché non basta saper scrivere e neppure saper raccontare: si scrive per riuscire a emozionare chi legge.
Se vi sembra un lavoro eccessivo, state tranquilli: tutto questo accade molto di rado.
Nella maggior parte dei casi, infatti, l’intuizione di partenza non è abbastanza luminosa e bisogna aspettarne un’altra.
Non scoraggiatevi, perseverate.
(Pensierino del giorno per lettori e scrittori: se vi piace questa rubrica, vi piaceranno anche i libri che pubblichiamo. Venite a trovarci sul nostro sito popedizioni.it)
(Pensierino della notte: bisogna scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più.)
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