Scrivere è quel momento in cui bisogna tirar fuori con urgenza ciò che si ha da dire. È un bisogno fisiologico dello scrittore, e da questo non può prescindere.
Che sia su file, fogli, carta da parati o carta igienica come Jean Genet, l’atto di scrivere risponde a una precisa urgenza interiore.
Ma cosa c’è dopo la scrittura?
Tra gli autori le voci più disparate convergono su un punto: dopo la scrittura bisogna riscrivere.
Potrà scoraggiare quanti lo trovano frustrante, ma il lavoro della riscrittura è davvero fondamentale per un manoscritto. E bisognerebbe prenderlo per quello che realmente è: un atto creativo, indispensabile per elevare un’opera al suo massimo potenziale.
Nabokov diceva che le sue matite vivevano molto più a lungo delle gomme per cancellare e che, nonostante questo, riscrivere era una “meraviglia”.
Perché soltanto riscrivendo riusciremo a scorgere la forza piena e lucente nascosta nella nostra storia, una forza rinnovatrice e sbalorditiva che cambierà le sorti del libro.
Dunque, abbattetevi sul testo con una mannaia!
Dopotutto, potreste ritrovarvi assuefatti alla riscrittura come Gina Lagorio o come Gabriel García Márquez, il quale era solito affermare, sconfitto: “Un libro non si finisce, lo si abbandona”.
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