“Non si vive nell’ispirazione. Pegaso cammina più che galoppare. Tutto il talento sta nel fargli prendere il passo che si vuole, senza forzare le sue possibilità.”
Era questo il tenore dei consigli che dispensava Gustave Flaubert, noto per essere un rigoroso sostenitore dell’autodisciplina (arrivò a lavorare dieci mesi filati per quindici ore al giorno).
La buona notizia è che non c’è bisogno di essere rigidi come lui, ma è indubbio che fare affidamento sull’ispirazione del momento renda la scrittura paradossalmente più difficoltosa e lenta, perché la creatività è per sua natura dispersiva, e la disciplina serve a darle una forma e a stabilizzarla.
L’ideale, quando si vuole scrivere, è costruire un progetto di scrittura su misura della propria mente.
I metodi sono tanti, dai più severi come quello di Sartre, che scriveva tra le trenta e le quaranta pagine al giorno, a quello più moderno di Banana Yoshimoto, che programma anche la vita sociale: scrive di pomeriggio, la notte la dedica ad amici e locali, e dorme tutta la mattina.
E poi, ve le immaginate le grandi saghe come “La Recherche” di Proust senza una solida impalcatura a sostenerle? L’improvvisazione da sola sarebbe deleteria per progetti di questa portata.
Le possibilità sono tantissime, ma se c’è una cosa che i protagonisti della letteratura ci insegnano è che scrivere prima di tutto è allenare il pensiero, giorno dopo giorno.
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(Pensierino della notte: bisogna scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più.)
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