C’è chi la disciplina la prende davvero sul serio.
Uno di questi è stato sicuramente Honoré de Balzac, che praticava una routine di scrittura parecchio estrema.
Lo scrittore cenava sempre verso le sei del pomeriggio, dormiva e si svegliava all’una di notte per scrivere. Scriveva per circa sette ore filate, al mattino si concedeva un sonnellino e dalle nove alle quattro del pomeriggio tornava a lavorare, per poi ricominciare tutto daccapo.
Che cosa gli consentiva di reggere questi ritmi?
La risposta si trova ancora nella sua casa di Parigi, esposta ai visitatori: una piccola caffettiera bianca con il monogramma dello scrittore di colore rosso.
Balzac beveva una cinquantina di tazze di caffè al giorno, e aveva sviluppato una tale resistenza alla caffeina che nei giorni in cui gli effetti tardavano ad arrivare passava direttamente a masticare i chicchi interi, pur ammettendo di essere scivolato in un “metodo orribile e brutale”.
Il suo amore per il caffè è testimoniato anche nel breve trattato “Piaceri e dolori del caffè”, in cui dichiara che la bevanda lo aiutava non solo a concentrarsi ma anche a prendere sonno.
Schiavo di due grandi passioni, la scrittura e il caffè, Balzac ammise: “Non sto vivendo, mi sto consumando in un modo orribile, ma morire di lavoro o di qualcos’altro, in fondo, non fa differenza”.
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