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Tra tutti i generi letterari, il giallo è quello che attualmente riscuote le maggiori fortune. Sarà forse per la sua natura consolatoria: alla fine del racconto si viene sempre a sapere chi sia il colpevole del delitto di partenza, così da riportare quell’ordine che era stato sovvertito all’inizio dall’atto omicida.
La struttura poliziesca è la più rigida fra le trame della narrativa: delitto, indagini, scoperta dell’assassino. Da lì non ci si schioda. Questo condanna il giallo al rischio continuo di déja-vu. Il buon giallista, perciò, dovrà sempre preoccuparsi di escogitare personaggi e risvolti scenici che non riecheggino troppo da vicino i libri di altri autori, per di più dovrà cimentarsi nell’ardua impresa di fornire al lettore una soluzione che lo ripaghi ogni volta del grande sforzo emotivo richiestogli sino a quel punto dallo svolgimento del romanzo.
Un altro elemento va tenuto presente: potrete dare al detective chiamato in causa tutte le caratteristiche che preferite. Potrete ritrarlo come un alcolizzato, oppure soggetto ad attacchi d’ansia, spocchioso, fragile, d’animo progressista o come un impenitente misantropo.
Comunque sia egli finirà sempre per risultare quale pallida copia di Sherlock Holmes (che a sua volta appare come un rafforzamento dell’Auguste Dupin inventato da Edgar Allan Poe), capostipite di tutti gli investigatori da fiction, tant’è la suggestione del personaggio, che ancora si riverbera sulla moltitudine dei suoi emuli.
L’ambientazione e le vicende di contorno poi faranno solo da arredamento: quel che il lettore si attende è unicamente di venire a sapere chi abbia ammazzato la vittima e perché.

(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più.)

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