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Il successo non va confuso con la gloria o la fama, che ne rappresentano le derivazioni più vanesie e vuote di contenuto. Ricercarlo perciò è del tutto legittimo da parte di un autore, anzi, persino essenziale.
Per successo qui intendiamo un riscontro positivo da parte dei fruitori delle nostre opere, senza il quale vagheremmo in un continuo stato di dubbiosa sospensione circa la qualità di quel che abbiamo scritto. Dirsi da soli che il proprio lavoro è ottimo è un atto di autostima inconcludente: per capire quanto valga dobbiamo vedere con quanta efficacia esso venga recepito dai lettori.
Per tornare all’epistolario di Flaubert, che tanto si spese per una soddisfacente definizione di successo: “A meno di essere un cretino, si muore sempre nell’incertezza del proprio valore e della propria opera”.
Solo il plauso esterno riesce a far uscire lo scrittore da un’iniziale, inevitabile condizione di solipsismo, per rendergli davvero chiaro quanto ci sia di buono in quello che fa e cosa, nel caso, sia invece da scartare. Ovviamente “cercare il successo” non significa volerlo a tutti i costi, inseguendo vanamente i fantomatici gusti del pubblico: questo non farebbe che svuotare lo scritto di una sua personalità. Vuol dire piuttosto riuscire ad attrarre l’attenzione dei lettori proprio grazie a una visione personale.
Sempre in Flaubert: “Bisogna avere un grande orgoglio nel sentire che si pesa sull’umanità con tutto il peso della propria idea. Ma occorre avere qualcosa da dire”.

(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)

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