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Primo e indispensabile strumento dello scrittore è la memoria. Non per nulla gli antichi Greci, nella loro suggestiva mitologia, identificavano Mnemosine, la dea della memoria, con la madre di tutte le Muse.
I ricordi sono le fondamenta del testo che lo scrittore si accinge a erigere. Trasfusi nella pagina scritta quanto più fedelmente si riesca oppure, al contrario, manipolati sino a risultare completamente contraffatti, rappresentano il punto di partenza, il legame con la realtà, con il vissuto dell’autore e le sue esperienze pregresse, le cui tracce mnestiche, per l’appunto, costituiranno il principio e la base della sua scrittura.
Per questo, per esempio, grandi bevitori come Francis Scott Fitzgerald o Ernest Hemingway rinunciavano all’alcol quando erano impegnati nella stesura dei loro romanzi: buona memoria ed ebrezza mal si conciliano.
Per tornare a Hemingway, in vecchiaia i medici tentarono di guarire la depressione in cui era caduto con l’elettroshock. La terapia però finì per intaccare qualche zona del suo cervello, sino a fare svanire quasi del tutto i suoi ricordi. Quando se ne rese conto, commentò amaramente: «Hanno rubato il mio tesoro!». Di lì a poco si sarebbe infilato una doppietta in bocca per poi tirare il grilletto del fucile.
Questo tragico epilogo non fa che confermare quanto un autore si senta inutile se privato di quel serbatoio di materiale caotico eppure preziosissimo, costituito dalle reminiscenze di fatti e di persone o di racconti ascoltati da altri.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
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