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Chi sono gli hater? Perché sono così tanti?
Gli hater sono gli odiatori, i “leoni da tastiera” che sfogano frustrazioni e insicurezze sugli altri per sentirsi più forti.
Questo fenomeno è sicuramente amplificato e alimentato dai social, ma ha le sue radici nel pregiudizio, che esiste da molto tempo prima della Rete.
All’inizio di ogni relazione umana, infatti, creiamo nella nostra mente una visione a priori dell’altro, un pregiudizio, che ci permette di segnare le differenze tra l’altro e noi.
La diversità mette in discussione la nostra identità, e per proteggerci dal pericolo di non sapere più chi siamo consideriamo l’altro come uno stereotipo, una figurina bidimensionale da demolire a piacimento.
Questa è l’origine del pregiudizio.
E se questa è l’origine, l’antidoto non può che annidarsi nel processo di “scoperta”, nel comprendere che l’altro è una persona esattamente come noi e con una dignità pari alla nostra, e non un anonimo bersaglio che serve solo a definirci, un oggetto da cui prendere le distanze per qualificarci in sua opposizione.
Sì, è vero, lo sappiamo: il problema è che, nelle relazioni mediate dal web, la conoscenza profonda dell’altro si arresta quasi immediatamente, si rimane in superficie e non si arriva mai a comprendersi davvero.
Il nostro interlocutore non è un soggetto, con una complessità uguale alla nostra, ma un oggetto da maltrattare. Ecco perché Michela Giraud, attrice e comica italiana, è stata giudicata solo per il suo aspetto fisico, e definita grassa e brutta.
Questi commenti denigratori non si rivolgono alle sue capacità professionali, ma solo al suo corpo divenuto oggetto da giudicare.
Crediamo davvero che si possa umiliare una persona offendendo il suo aspetto fisico?
Sì, se glielo lasciamo fare.
Se invece neutralizziamo gli hater con una sana ironia e una robusta indifferenza per la loro inutile e grossolana malignità, si può continuare a vivere sereni anche sul web.
Brava Michela, così si fa.
(Sonia F.)

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