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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG “Donne non facciamolo in Rete”, nata per tutelare le donne dai pericoli del web.
È di qualche settimana fa la notizia di una madre di 36 anni che ha lasciato per sei giorni la sua bambina di 16 mesi a casa da sola, per andare a trovare il suo compagno a Bergamo.
Al rientro ha trovato il corpicino della figlia, morta di fame e di sete.
Non è della madre che voglio parlare oggi, ma di Diana.
Di questa bambina che nella sua breve vita sembra non avere avuto peso né spazio né voce.
Non ha pianto Diana, non ha urlato, e fa poca differenza ormai capire se sia stata sedata o se non abbia pianto perché abituata a essere ignorata, da sola nel silenzio e nel buio, con quella rassegnazione che nessuno dovrebbe provare neppure da adulto.
In un’altra società Diana sarebbe cresciuta e diventata adulta, una giovane donna con dei sogni, delle aspettative, delle abilità. Avrebbe avuto dei figli, o forse no.
Avrebbe scelto un lavoro adatto a lei o si sarebbe accontentata di un impiego qualunque, che però le avrebbe consentito di avere una casa, di viaggiare, di incontrare un amore.
In una società sana, Diana avrebbe trascorso la domenica pomeriggio ad annoiarsi pigramente davanti alla tv, o forse sarebbe uscita con le amiche per un aperitivo in centro.
Ma la nostra non è una società sana, se si lascia morire una bambina come una pianta senz’acqua.
Non è una società sana se ci siamo induriti al punto che i bambini non piangono più, non scalciano, non lottano per sopravvivere.
Se i figli diventano ostacoli poco ingombranti da dimenticare a casa, succeda quel che succeda.
Non è una società sana se nessuno si è accorto che quella madre, figlia, sorella, amica e amante si era talmente allontanata dalla realtà da non poter più tornare indietro.
(Sonia F.)

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