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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG “Donne non facciamolo in Rete”, nata per tutelare le donne dai pericoli del web.

È una calda serata di giugno. Sei amiche tra i 16 e i 17 anni salgono sul treno alla stazione di Peschiera del Garda, di ritorno da una gita a Gardaland.
Lo stesso giorno sulla spiaggia di Peschiera si svolge un raduno organizzato via social che richiama tantissimi ragazzi: si scatenano risse e disordini in tutto il paese e alla fine interviene la Polizia.
Alcuni partecipanti si allontanano dalla folla e salgono sullo stesso treno delle ragazze. Le bloccano in una carrozza e le molestano sessualmente, indisturbati.
“Eravamo circondate. Il caldo era asfissiante, alcune di noi sono svenute. Mentre cercavamo di avanzare a fatica lungo i vagoni è avvenuta l’aggressione sessuale. Loro ridevano” hanno poi raccontato le giovani in un’intervista.
Nonostante il panico, riescono ad avvisare i genitori che immediatamente allertano le forze dell’ordine, ma nessuno interviene.
Un ragazzo le aiuta a scendere alla fermata successiva e arrivate finalmente a Milano sporgono denuncia.
È sempre sconvolgente dover constatare come per i giovani la violenza spesso diventi il modo più facile per imporsi sugli altri o mettersi in mostra.
Molestare una coetanea può essere motivo di orgoglio anziché di vergogna, e accade frequentemente anche nei luoghi pubblici perché, di fatto, nessuno interviene in difesa delle vittime.
Si può facilmente immaginare la paura di quelle ragazze, e il trauma che rimarrà come una cicatrice a inquinare ogni contatto fisico con l’altro sesso.
O forse no, se saranno abbastanza forti e mature da capire che non tutti gli uomini sono molestatori e il sesso non ha niente a che vedere con gli abusi.
Ma il senso di ingiustizia diventa insopportabile quando al gesto ripugnante di un gruppo di giovani si aggiunge il mancato intervento delle forze dell’ordine.
Perché nessuno è accorso ad aiutarle?
(Sara C.)

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