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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG “Donne non facciamolo in Rete”, nata per tutelare le donne dai pericoli del web.
Il politically correct è un bene o un male?
Sempre più voci si levano, da molto tempo a questa parte, contro quella che alcuni intellettuali additano come una sorta di costrizione buonista.
I più lamentano che il politically correct oggi sia diventata una censura imposta contro la libertà di pensiero, citando come esempio l’inclusività a tutti i costi.
Ma cosa c’è di così scorretto in una società inclusiva, che non giudica l’aspetto fisico o l’orientamento sessuale?
Non bisogna confondere il politicamente corretto con le operazioni di marketing di moltissime aziende che cavalcano l’onda dell’inclusività solo per vendere di più.
Ormai ci marciano così tanto che “corretto” è diventato quasi sinonimo di ipocrita e stucchevole, o addirittura bigotto.
Spesso sento dire: “Sì, ma a furia di essere politicamente corretti ora si sta proprio esagerando”.
Può darsi, ma chi ha subito per decenni varie forme di discriminazione ha maturato una coscienza e una sensibilità nuove che ora reclamano i propri diritti: primo fra tutti quello di essere rispettati.
Per anni le donne si sono sentite appioppare qualunque genere di nomea il più delle volte legata alle loro scelte sessuali, le persone di colore sono state chiamate come ai tempi degli schiavisti, ci si prendeva gioco di chi era in sovrappeso, si sprecavano i nomignoli per indicare la comunità gay e si bullizzavano verbalmente i portatori di handicap.
Credete sia un bene tornare a quei tempi?
Perché se decidiamo che il politically correct vada abolito l’unica alternativa resta quella.
Se oggi politicamente corretto è diventata un’espressione quasi dispregiativa, l’alternativa è poter irridere e insultare chiunque, basandoci perlopiù su cliché.
Come sarà il futuro?
Una guerra di tutti contro tutti, hater contro hater, oppure una convivenza civile tra individui che cercano di rispettarsi reciprocamente?
(Stefania S.)

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