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Chissà come mai. Questa frase è talmente ovvia da sembrare surreale. Eppure certi giorni mi assale una rabbia feroce, mi taglierei le vene e i polsi solo per sporcare il pavimento che abbiamo scelto per la sala. Vorrei spaccare tutto, urlare fino a perdere la voce. E invece me ne resto in silenzio, mentre continuo a lavare, asciugare e riordinare tengo gli occhi bassi, la bocca cucita, la schiena curva. So che mi sta osservando, so che sta cercando un pretesto per potermi picchiare. Ma questa volta non glielo lascio fare. Me ne sto tranquilla e zitta, non rispondo a nessuna provocazione. Stiro tutto quello che c’è da stirare, piego la tovaglia, riordino i cassetti, spolvero ogni volume della libreria, qualunque cosa per non doverlo guardare. L’uomo perfetto, con la casa perfetta, che mi fa del male. E stasera gli preparo la minestra d’orzo e le costine d’agnello con le patate, e starò attentissima a non sbagliare la quantità di sale. Se pensa di esasperarmi questa volta si sbaglia, qualunque cosa mi dica chiedo scusa e guardo di lato. Non rispondo, non gliela do l’occasione per litigare. Qualche volta lui fa finta di essere felice, ma non è vero, finge solo per farmi rilassare. Mi rassicura, mi tranquillizza, mi dice parole gentili perché lo sa anche lui che dopo anche un semplice spintone mi farà più male. E io conto i giorni, quelli passati e quelli che ancora dovranno passare, rinchiusi come belve in questa prigione, senza neppure la possibilità di uscire per andare a lavorare. Ma è stato un bene, non un male. Che la vita di tutti all’improvviso sia cambiata, è stato un bene, perché adesso quello che prima riuscivo a giustificare mi sta davanti agli occhi in tutto il suo immenso orrore. Ho sempre cercato di minimizzare, di considerare la violenza come un fatto occasionale, ho nascosto per anni la verità e oggi scopro che non si può più fare. Adesso sono pronta: conto i giorni, prima o poi dovranno passare.

(1522: Numero Nazionale Antiviolenza)

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