Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG “Donne non facciamolo in Rete”, nata per tutelare le donne dai pericoli del web.
È passato poco più di un mese da quando Marisa Leo è stata uccisa dall’ex marito nel trapanese. L’ennesimo caso di omicidio-suicidio. L’ennesimo caso di femminicidio.
Spesso, quando pensiamo a situazioni del genere, in cui una donna viene assassinata da un ex compagno geloso e possessivo, magari per tranquillizzarci immaginiamo una grave situazione di degrado culturale o sociale.
Immaginiamo un uomo preda di una mentalità retrograda e grossolana in cui la donna non è altro che una proprietà.
Il caso di Marisa dimostra che la furia cieca di alcune azioni possono scoppiare anche nella mente di persone considerate da tutti “perbene” e perfettamente integrate nella società.
Nel caso specifico lui era un imprenditore, lei un’affermata manager, nota sia per la sua professionalità che per l’impegno prodigato in associazioni create proprio per difendere le donne da quel tipo di violenza di cui infine è stata vittima.
Marisa aveva sporto denuncia per stalking contro l’ex ed era apparsa in vari filmati su social e altri canali per sensibilizzare gli utenti sui maltrattamenti subiti dalle donne.
Non è bastato a fermare il suo omicidio, non è servito a tutelarla.
Nonostante le tante angherie, Marisa ha sempre cercato un dialogo con il padre di sua figlia, nell’esclusivo interesse della bambina. Questo non le ha portato altro che violenza.
Prima le minacce, i ricatti morali, lo stalking. Alla fine una pistola puntata pronta a fare fuoco.
Come spesso si ripete, bisogna educare gli uomini fin da piccoli al rispetto di noi donne. Far capire che non siamo una loro proprietà, ma individui raziocinanti che possono e devono compiere liberamente le loro scelte.
Eppure a volte non basta, perché sono certa che Marisa avrà tentato in ogni modo di educare suo marito al rispetto. E sono certa che avesse tutti gli strumenti per farlo nel modo giusto.
Ecco perché le istituzioni dovrebbero intervenire, PRIMA e non DOPO, quando una donna disperata chiede aiuto.
(Sara S.)