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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
In Italia esiste una situazione giuridica paradossale che la politica non riesce a risolvere: un uomo condannato per aver ucciso la moglie mantiene il diritto di decidere sul corpo della vittima post-mortem.
Attualmente la normativa riconosce solo al coniuge il diritto di stabilire se cremare il corpo, in quale città seppellirlo, e in quale cimitero o casa custodirne i resti.
Solo in assenza del coniuge il diritto passa al parente più prossimo, come figli, genitori o fratelli/sorelle della vittima.
Dunque l’uomo femminicida, che ha agito considerando la moglie una sua proprietà, può replicare la stessa violazione (e violenza) sul suo corpo.
Lo sanno bene i fratelli Pasquale e Annamaria Guadagno, che quando avevano 14 e 17 anni hanno perso la madre Carmela Cerillo per mano del marito Salvatore.
I due, da anni, affrontano una difficile battaglia legale con il padre per poter decidere sulla salma della madre. Vorrebbero infatti che fossero rispettate le volontà che lei stessa aveva espresso: essere cremata e trasferita da Udine, città in cui viveva, a Napoli, sua città natale.
L’assassino, invece, vuole farla cremare per tenere le sue ceneri in casa, sempre con lui.
Quando ho letto la storia di Pasquale e Annamaria ho pensato a quanto dolore e forza dovesse animare questi due fratelli, a cui è stata strappata la madre con una prepotenza paterna che continua a tormentarli.
Se nella battaglia contro i femminicidi qualche passo avanti si sta facendo, gli orfani sono ancora del tutto ignorati dalla politica. Troppo è lasciato sulle spalle dei parenti che restano, con la buona speranza che siano in grado di occuparsi di loro.
Si dovrebbe provare a risolvere questo assurdo vuoto normativo.
Le intenzioni politiche ci sono e tutti i partiti sembrano d’accordo, ma in Italia troppo spesso le buone intenzioni non servono a nulla…
(Francesca C.)

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