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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
Di recente ho trascorso qualche giorno in vacanza con un’amica. Avevamo deciso di ritagliarci un ultimo angolino di estate, e sarebbe stato un bel viaggio se una presenza costante non ci avesse tenuto il fiato sul collo: l’endometriosi.
La mia amica ne soffre da anni ed è stato terribile vederla in un simile stato di prostrazione.
L’endometriosi comporta una crescita del tessuto uterino fuori dalla sua sede fisiologica per apparire in organi come ovaie, intestino o vescica, e causa un’infiammazione cronica dei genitali.
I sintomi più comuni sono infertilità, nausea, dolore pelvico, mestruale e durante i rapporti sessuali. Sintomi che, manipolati da una cultura maschilista della medicina, per secoli hanno portato a considerare l’endometriosi come una forma di isteria o effetto di promiscuità.
È per questo che è stata a lungo una malattia invisibile alla comunità scientifica e tante donne, oggi, ne pagano il doloroso scotto perché la divulgazione sull’endometriosi è recentissima e la sintomatologia ancora poco conosciuta.
Ma l’endometriosi è soltanto una delle tante malattie che vengono ignorate da secoli a causa di una visione patriarcale della medicina, malattie che incidono anche sul lavoro, impattando negativamente su performance, stabilità psicologica e possibilità di avanzamento di carriera.
La medicina di genere è nata proprio per contrastare questi stereotipi ed è grazie alla sua affermazione se oggi le donne vengono incluse di più nei trial clinici (fondamentali per lo studio differenziato degli effetti collaterali dei farmaci), e se iniziamo a vedere delle crepe in giudizi secolari e pericolosi (come quello che vorrebbe le donne meno capaci di sopportare il dolore).
Così la ginecologa Manuela Farris:
“Pare che le donne debbano soffrire sempre. Non è così. Il dolore può e deve essere trattato”.
La strada è ancora lunga, ma bisogna imparare a fidarci del nostro corpo e a rispettarlo, ignorando chi dice “stai esagerando” o “sarà psicosomatico”.
(Stefania S.)

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