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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
Sono mesi che i media sono inondati dai due candidati alla presidenza degli Stati Uniti.
Tra le urla e gli schiamazzi non ho potuto fare a meno di notare come ci si riferisca quasi sempre a “Kamala” e non a “Harris”.
Pensate che esageri?
Trump lo conosciamo forse come “Donald”? Sarebbe ridicolo parlare di Donald: Donald chi? Donald Duck, il nostro Paperino?
Questo diverso trattamento è chiaramente una conseguenza della discriminazione di genere, altrimenti il caso non esisterebbe affatto, e gli esempi di questo tipo sono tantissimi.
Privare una donna del cognome vuol dire infantilizzarla, spogliarla dell’indipendenza, toglierle l’autorevolezza che le spetterebbe.
È una violenza repressiva che non risparmia nemmeno le donne più potenti, cui viene ricordato che devono sottostare al sistema patriarcale se vogliono continuare a giocare la partita.
Nei media, le poche volte che ci si ricorda dell’esistenza del cognome, questo viene immancabilmente preceduto dall’articolo al femminile, trattamento che non viene riservato agli uomini (“il Draghi”? Mai sentito! Ma “la Bonino” invece sì), perché della donna bisogna mettere in evidenza il suo non essere un uomo e ricordarlo sempre.
Il livello ancora superiore di questa pratica comporta l’omissione pure del nome, preferendo l’utilizzo di una caratteristica che esula dal tema di cui ci si sta occupando.
Per esempio se dobbiamo parlare della nomina a capo dei Carabinieri di Giulia Maggi, la si chiama “mamma”. Angela Merkel? La si chiama “ragazza”! Perché chiamarla con il cognome del suo ex marito Ulrich Merkel evidentemente non è abbastanza maschilista.
George Orwell diceva: “Se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero”.
Se la realtà è solo una percezione, le parole sono capaci di plasmarla. Sarebbe allora il caso di dare al linguaggio la direzione giusta per costruire un mondo migliore.
(Francesca C.)

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