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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
L’Inghilterra non è nuova a piccole grandi rivoluzioni femministe: solo pochi anni fa il dibattito pubblico sui prodotti igienici per il ciclo mestruale aveva portato all’abolizione della Tampon Tax (la tassa sugli assorbenti) in tutto il Regno Unito.
Adesso è arrivato il turno di un altro prodotto, compagno amato e odiato di ogni donna: il reggiseno.
I delegati della conferenza annuale dei radiologi inglesi si sono espressi senza riserve: “Tassare i reggiseni potrebbe essere considerato discriminatorio ai sensi dell’Equality Act del 2010”, dato che “l’imposizione dell’IVA sui reggiseni colpisce in modo sproporzionato le donne”.
A chi pensa che il reggiseno sia solo un abbellimento do subito l’alt. Ogni donna ha un seno diverso, ognuno con le proprie esigenze.
Pensate a chi indossa una taglia D: spesso queste donne soffrono di dolori a collo, schiena e spalle a causa del peso del seno. In questi casi comprare un reggiseno specifico è fondamentale per evitare problemi all’apparato muscolo-scheletrico.
Eppure, secondo i dati, visto che l’acquisto medio di un reggiseno di buona qualità va dai 20 ai 35 euro, molte donne si affidano a prodotti scadenti che avranno un impatto negativo sulla loro salute.
Inoltre, ogni donna ha bisogno di comprare un reggiseno diverso che accompagni le diverse fasi della sua vita: la conformazione e la taglia cambiano con l’andare degli anni e con eventuali patologie.
È giusto pagare un sovrapprezzo quando siamo costrette ad acquistare dei prodotti per ragioni fisiologiche?
E in Italia? Quando ci occuperemo seriamente del benessere economico e fisico delle donne?
(Sara D.)

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