Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
È da quando c’è stata la settimana della moda a Milano che faccio più attenzione alle sfilate che mi passano sotto gli occhi quando bazzico i social e la tv.
Non sembra anche a voi di tornare agli anni Novanta, quando le modelle erano magrissime, al limite dell’anoressia?
Eppure c’è stato un periodo in cui anche i marchi di moda più importanti non hanno esitato a far calcare le passerelle a corpi non conformi.
Ho l’amaro sospetto che tutta quella solidarietà nei confronti dei corpi diversi dallo standard sia stata soltanto una scusa per cavalcare un trend. E adesso che si è spento come una meteora il messaggio di inclusione è finito nel dimenticatoio.
Allora, forse, la verità è questa: la frammentazione tipica della nostra epoca impatta anche sui movimenti e sulle battaglie sociali. Al pari dei trend sui social, tante istanze finiscono per andare perdute dopo aver raggiunto il picco di popolarità.
Le modelle di oggi somigliano alla Kate Moss che abbiamo ben impressa nei ricordi: magrissima ed emaciata, con l’aria di chi è sul punto di sgretolarsi psico-fisicamente.
Tanti fanno notare che il fenomeno dei farmaci dimagranti che sta spopolando in America e nel jet set potrebbe esserne una concausa: molte attiviste che si battevano per la body positivity si sono trasformate ipocritamente in quei corpi conformi che dicevano di rifiutare senza sconti.
La magrezza, nel nostro secolo, punta sempre di più verso l’autodistruzione, e se anche l’arte ne promulga le istanze senza dare spazio ad alternative saremo sempre in un bel guaio.
La tentazione di uniformarsi agli imperativi del marketing ricorrendo a pillole miracolose è sempre in agguato: non caschiamo in questo ridicolo tranello che ci riporta indietro di decenni!
(Sonia F.)
