Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
Che la nostra sia una società grassofobica non è certo un segreto.
Sono decenni che la tv e i social ci tempestano di pubblicità e corpi che promuovono la magrezza come canone di perfezione, con tutto quello che ne consegue sulla salute mentale di tante persone.
È vero, pochi anni fa le taglie “non conformi” sono arrivate persino sulle passerelle delle sfilate di moda. Ma oggi le vedete ancora?
Quello della cosiddetta “body positivity” è stato solo l’ennesimo trend sfruttato dalle aziende, e come ogni trend è finito inevitabilmente nel dimenticatoio.
Essere una persona sovrappeso è ancora ghettizzante, persino nei casi di violenza di genere.
C’è una convinzione inconscia, più o meno in ognuno di noi, che impedisce di vedere le donne grasse come persone sessualmente desiderabili. E questa stessa convinzione viene inculcata in loro fin da bambine.
E che cosa succede quando un uomo le molesta o le violenta?
Il pregiudizio è così forte che spesso le vittime non vengono credute. Dopotutto, chi vorrebbe toccare una donna grassa?
Le vittime stesse, è stato riscontrato, denunciano gli abusi in percentuali bassissime proprio perché, educate al disamore verso di sé, pensano di meritarseli.
Come spiega correttamente Giulia Paganelli, attivista e antropologa:
“La vittima deve azionare la nostra volontà di protezione. Ci interessa come ci fa sentire potenti e questo cristallizza la vittima, la rende un oggetto del nostro volere. Il corpo grasso femminile, invece, non permette l’infantilizzazione dello sguardo maschile che vuole i corpi femminili piccoli, minuti, e da proteggere. Il corpo grasso femminile rompe completamente quello schema, tanto che noi pensiamo che le donne grasse siano capaci di difendersi da sole”.
Ma c’è un modo per cambiare le cose: come per tutti gli argomenti tabù bisogna continuare a parlarne, sempre di più, sempre più forte.
(Sara D.)