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Stamattina ho scaraventato il telefono contro il muro. Purtroppo non si è rotto.
Stavo sognando ed era un sogno bellissimo: io che facevo l’amore con me, nel freddo dell’alba, con quell’abbandono e pienezza che solo i sogni possiedono, nella luce rosata di un incanto, nel paesaggio sconosciuto di sensazioni purissime.
E poi nel sogno arrivi tu, amore mio, e la luce dell’alba si trasforma nelle piastrelle biancastre di una cucina disordinata e sporca, la radio che gracchia, il caffè sul fornello e tu che mi guardi fare l’amore con me stessa nello schermo di un telefono, e mi guardi come si guarderebbe un corpo qualunque, non il mio, mi guardi senza sorridere, senza emozione, mi guardi come se non vedessi tutta la magia in cui sono immersa.
La gioia del mio corpo, nel tuo sguardo distratto, diventa una forma di tristezza e svilimento: una donna sola che si accarezza il corpo.
E mentre nel sogno resto inerme a subire la tua freddezza, il telefono ha squillato e l’ho lanciato contro il muro. Non si è rotto, però: questi telefoni sono avvezzi a farsi maltrattare, come me, che anche nei sogni mi sento disprezzata da te.
Lo so, tu non ne hai colpa perché il sogno era mio. Sono io che temo il tuo sguardo, che ho sempre paura di sbagliare e di essere giudicata. E invece sai che c’è?
Che questo sogno mi ha aperto gli occhi: la mia cura in queste giornate di semi-clausura sarò io. Non dirò sì, quando penso no. Non mi preoccuperò del tuo giudizio. Non accetterò surrogati. Non faremo più “quello che si può” per colpa dell’isolamento: da oggi niente videochiamate erotiche, foto da contorsionista, filmati da circo.
Semmai ti scrivo, come sto facendo adesso e ti spedisco una lettera, come ai bei tempi andati.
Semmai ti penserò più a lungo, ti sognerò più spesso. Ma voglio rendere preziosa questa distanza fra di noi, liberarla dai display in cui stiamo infilando le nostre vite e i nostri baci: trasformati in selfie tutti uguali. I nostri baci uguali ai baci di chiunque altro.
Da oggi voglio nutrire il mio desiderio per te, che diventi fame, parole, lettere, o una poesia.
Che diventi il bacio che ci daremo quanto potrò rincontrarti davvero.
(Sonia F.)

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