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Mi ci sono ritrovata in mezzo così, quasi per caso. Sono un’avvocatessa del lavoro, ma ho seguito anche qualche divorzio. Poi un’amica mi ha portato sua figlia, Bianca, 17 anni. Denunceremo un ragazzo di vent’anni che ha pensato bene di rendere pubbliche le foto intime di Bianca: la loro prima volta.
Mentre sua madre mi racconta ciò che è successo, Bianca non parla. Ostenta una certa apatia, come una studentessa davanti alla predica di un’insegnante. Lei conosce la logica spietata dei social, più di me e di sua madre, che ci guardiamo negli occhi senza parole.
Noi due, amiche dal liceo, ne abbiamo combinate di cotte e di crude, ce la siamo spassata, ma siamo impreparate a tutto questo. Cerco di nascondere il mio smarrimento, perché so che da me si aspettano un sostegno professionale. Parlo della legge, del “codice rosso” attivo in Italia; riferisco che il problema è diffuso, ma che la percezione del fenomeno sta notevolmente cambiando. Le rassicuro sul trattamento che avrà quest’idiota – non so nemmeno come chiamarlo: la pagherà, imparerà.
Vorrei poter dire: riusciremo a cancellare tutto, vedrai, Bianca, ce la faremo, non ne resterà traccia. Invece no, non posso dirlo, perché la Rete ha la memoria di un freezer, conserva fino all’ultima foto. E sembra che Bianca legga nei miei pensieri perché si mette a urlare, si morde le labbra fra le lacrime. Sua madre cerca di abbracciarla, ma lei è una furia di rabbia e delusione.
È tremendo sentire la sua disperazione. L’afferro per le braccia: “Bianca, non sei tu che hai colpa, il sesso non è mai una colpa!”. Ma quando vanno via, mi ritrovo in un lago di amarezza con la stessa voglia di Bianca di prendere il mondo a sberle. Ma come, ma quando abbiamo smesso di parlare dell’essenziale?
Abbiamo la polizia locale a scuola per insegnare ai bambini come si attraversa la strada e dimentichiamo di parlare ai ragazzi di come diventare adulti, dei limiti dei social media, dei pericoli della Rete, che loro utilizzano senza strumenti, senza istruzioni, senza responsabilità. Abbandonati a loro stessi, in un mondo dove persino un piccolo errore può diventare per sempre.
(Carola C.)

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