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#donnecomenoi

 

Io sono una restauratrice, la mia specialità sono i dipinti e le cornici antiche. Nel mio lavoro la prima fase è quella decisiva; proprio come un medico, infatti, mi serve una diagnosi. Osservo il mio “Paesaggio con figure”, lo “visito” qua e là, e in silenzio gli domando: chi sei tu, come sei fatto, di cosa hai bisogno, cosa ti ha ridotto così?
Non so perché ho scelto questo lavoro, ma incontrare un’opera d’arte e ridarle i suoi colori e la sua “gioia di vivere” mi rende felice. Ricordo che mio padre amava l’ordine, perché l’ordine, diceva, fa luce. Aveva in dono la calma, e mi piaceva.
Mia madre invece creava caos intorno a lei; non so perché, ma quando arrivava sembrava un uragano. Però con me bambina era perfetta: potevo uscire, giocare quanto e come volevo, ma poi era attenta a che fossi sempre pulita, coperta il giusto e ben nutrita. A colazione mi guardava a lungo, come chiedendosi: di cosa avrà bisogno? Io tacevo e sorridevo, perché quella sollecitudine mi faceva sentire amata. Lei mi voleva felice e io lo sentivo.
Crescendo ho incontrato tante donne diverse, parecchie con quello sguardo: bibliotecarie, archiviste, infermiere, donne di servizio, maestre, donne con figli o senza figli che risolvono i tuoi problemi, che fanno della cura la loro vita, liberamente a “servizio” di qualcosa o di qualcuno. Non sacrificate, ma dedite.
Si dice “femminile” o “materna” questa capacità di occuparsi di altro da sé che solo gli sciocchi possono considerare naturale. Non è un’attitudine comoda, non si fa in poltrona. Bisogna lavorare, e lavorare stanca parecchio.
Ma il giorno che questa idea del prendersi cura “liberamente” si ergesse a valore universale, per uomini e per donne non sarebbe davvero il “Giorno che Cambia le Cose”? Non solo in famiglia, in casa, con i figli, ma nel mondo, nei governi, nel pianeta, tra di noi.
Se questo “femminile” fosse quello che serve a tutti – donne e uomini – per vivere felici, perché poi è reciproco il piacere di sentirsi oggetto di attenzione, ed è qualcosa che potremmo finalmente scambiarci, con il risultato impressionante di capirci… che bel mondo potremmo mettere al mondo.
(Sonia F.)

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