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Mi piace il personaggio di Aida ne “La turista italiana”, di Maria Tina Bruno. Una donna ricca di fascino, sapiente, intelligente, matura. E tuttavia succube dell’uomo che ama, soggetta al suo desiderio al punto di “guardare” le altre donne con gli occhi di lui, in una continua, angosciante competizione.
Ho pensato a questo leggendo e ascoltando le parole di Sarah, la fidanzata di Genovese.
Lo confesso, sono intrappolata da questa storia orribile, dalla cornice Milano-Ibiza, dove gli stupefacenti scorrono a fiumi, insieme ai soldi, altrettanto infiniti, al solo scopo di creare situazioni in cui si possa fare quanto più male possibile a giovanissime donne.
Ed è stata proprio una ragazza di 18 anni ad aver compreso lucidamente ciò che aveva subito in stato d’incoscienza, e ad aver denunciato. Un copione noto eppure incredibile per la dose ulteriore di violenza e brutalità.
Più di tutto, in questa vicenda, mi hanno turbato le “fidanzate”, che in quel ruolo così rassicurante si comportano come complici.
La fidanzata del miglior amico dell’imprenditore, che in tv si prodiga a ridimensionare e travestire il teatro infernale di queste “feste” in situazioni di “normale” divertimento, ventilando che le vittime avessero in realtà stretto un “accordo” con l’aggressore.
E ancor di più la fidanzata di Genovese che “lo amava e voleva assecondarlo”, lasciando che le giovanissime ospiti, rassicurate dalla sua presenza, finissero nella tana del lupo.
Mi colpisce che una donna possa a tal punto guardare “con gli occhi di un uomo” – un uomo peraltro alterato da sostanze di ogni specie – da non riconoscersi nella violenza inflitta a una ragazza.
A meno che non voglia vendicarsi, o che non voglia diventare come lui carnefice, forse perché ha subito a suo tempo la stessa sorte.
In questa vicenda è la più giovane, che ha denunciato, l’unica a uscirne piena di ferite, ma con la dignità intatta, libera dal gioco a perdere. Perché in quella gara perversa e continua che accade a volte fra donne la competizione è la trappola, e pensare che la posta in gioco sia la felicità è il peggiore malinteso possibile, la più feroce delle beffe del maschilismo. Non caschiamoci.
(Francesca C.)

 

 

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