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Una notizia di quelle che non vorremmo mai leggere: a Torino una madre istiga sua figlia di 15 anni a pubblicare, su siti e social, video hard di lei e del suo fidanzato 17enne, e non importa se per sbaglio passa di lì la sorella più piccola di 11 anni e si fa inquadrare.
Il tutto in cambio di buoni acquisto online e qualche centinaia di euro.
La madre, se questo può rassicurare qualcuno, verrà processata l’anno prossimo per istigazione alla prostituzione. Ma il punto non è questo.
Il punto è la desolazione di un quadro che ricalca contesti degradati che immaginiamo lontani nel tempo, e colleghiamo alla devastazione della guerra, alla miseria estrema. E, invece, raramente si tratta di questo.
Siamo di fronte a una verità dura da digerire: la forma della prostituzione è non di rado frutto di una iniziazione materna o familiare; così si spiega come, in passato, le maîtresse delle case di tolleranza di ogni livello venivano chiamate Maman.
Ma quando una donna/madre può arrivare a tanto?
Quando il suo orizzonte è quello in cui il sesso è merce, e il corpo una materia prima da sfruttare.
Abominevole, certo, e questo ritratto di famiglia porta alle estreme conseguenze la stessa logica che si annida in contesti ben più presentabili.
Riuscite a vedere dietro il make-up il volto appena adolescente delle modelle nelle pubblicità di moda o di cosmetica?
Riusciamo ad ammettere che le curve ben in vista e una procace scollatura sono ancora requisiti degli outfit televisivi, e anche il modo in cui milioni di donne di ogni età – laureate, diplomate, figlie, madri – si rappresentano nei propri profili social?
Noi “liberamente donne”, che non ci sogneremmo mai di prostituirci, tendiamo però a mostrare di noi il lato “attraente”, a farci mercanzia dell’altrui desiderio per sentirci gratificate.
Ma è davvero un nostro desiderio? O ci uniformiamo ai più?
Una società che fa della pornografia la sua cifra essenziale forse non può condannare chi la prende in parola brutalmente, colpevolmente, e con leggerezza induce una figlia a prostituirsi. Quella madre, infatti, non riteneva di fare qualcosa di sbagliato. Anzi.
Vogliamo porci qualche domanda senza ipocrisia?
(Sonia F.)

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