Da tredici anni, ormai, Britney Spears vive sotto la tutela legale del padre, seppur continuando a calcare i palchi e a mantenere un eterno sorriso di fronte alle telecamere: solo alla fine di giugno per la prima volta ha preso la parola in tribunale per cercare di far revocare questa tutela.
Ma la sua storia arriva alle nostre coscienze come qualcosa di lontano: difficile empatizzare con questa pop star bellissima e talentuosa, cos’ha da lamentarsi, dopotutto?
Eppure, quante volte è successo anche a noi di fare buon viso a cattivo gioco? Sorridere di fronte a una battuta squallida, a un’ingiustizia sul posto di lavoro.
Ingoiare la paura, evitare di pensarci per cancellare il problema. “Fake it till you make it” dice Britney Spears nel suo discorso in tribunale, “fingi finché non diventa vero”.
La vicenda di questa pop star, così distante dalle nostre vite, può insegnarci qualcosa: fingere che tutto vada bene non funziona mai.
Non in un sistema in cui può accadere che una ragazza talentuosa finisca sotto la tutela legale del padre perché giudicata incapace di intendere e di volere, secondo le stesse dinamiche sessiste per cui ogni giorno innumerevoli donne vengono messe a forza sotto l’ala protettiva di un uomo, che sia all’interno della loro famiglia o meno.
La storia di Britney Spears è più vicina al nostro vissuto di quanto pensiamo. Perché ogni donna, almeno una volta nella vita, è stata considerata incapace, fragile, inadeguata rispetto agli uomini intorno a lei.
Magari anche con benevolenza, con buone intenzioni, assecondando la malsana idea che vorrebbe le donne delicate come uccellini. Ritenendo che la soluzione a molti problemi delle donne sia il sostegno degli uomini.
Ed è per questo che bisogna alzare la voce, raccontare la propria storia, farsi coraggio e protestare contro ogni tipo di atteggiamento sminuente, per aspirare a una realtà in cui nessuna donna sia riportata sotto la tutela del pater familias come fosse una bambina, solo perché vuole scegliere con la propria testa e decidere anche di sbagliare.
Sbagliano i padri, sbagliano i figli, è cosi che si diventa adulti. Non c’è altro modo, perciò lasciatecelo fare in santa pace.
(Sonia F.)
Ma la sua storia arriva alle nostre coscienze come qualcosa di lontano: difficile empatizzare con questa pop star bellissima e talentuosa, cos’ha da lamentarsi, dopotutto?
Eppure, quante volte è successo anche a noi di fare buon viso a cattivo gioco? Sorridere di fronte a una battuta squallida, a un’ingiustizia sul posto di lavoro.
Ingoiare la paura, evitare di pensarci per cancellare il problema. “Fake it till you make it” dice Britney Spears nel suo discorso in tribunale, “fingi finché non diventa vero”.
La vicenda di questa pop star, così distante dalle nostre vite, può insegnarci qualcosa: fingere che tutto vada bene non funziona mai.
Non in un sistema in cui può accadere che una ragazza talentuosa finisca sotto la tutela legale del padre perché giudicata incapace di intendere e di volere, secondo le stesse dinamiche sessiste per cui ogni giorno innumerevoli donne vengono messe a forza sotto l’ala protettiva di un uomo, che sia all’interno della loro famiglia o meno.
La storia di Britney Spears è più vicina al nostro vissuto di quanto pensiamo. Perché ogni donna, almeno una volta nella vita, è stata considerata incapace, fragile, inadeguata rispetto agli uomini intorno a lei.
Magari anche con benevolenza, con buone intenzioni, assecondando la malsana idea che vorrebbe le donne delicate come uccellini. Ritenendo che la soluzione a molti problemi delle donne sia il sostegno degli uomini.
Ed è per questo che bisogna alzare la voce, raccontare la propria storia, farsi coraggio e protestare contro ogni tipo di atteggiamento sminuente, per aspirare a una realtà in cui nessuna donna sia riportata sotto la tutela del pater familias come fosse una bambina, solo perché vuole scegliere con la propria testa e decidere anche di sbagliare.
Sbagliano i padri, sbagliano i figli, è cosi che si diventa adulti. Non c’è altro modo, perciò lasciatecelo fare in santa pace.
(Sonia F.)