La polizia postale, in collaborazione con il Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online, ha arrestato un romano di trentatré anni per il più odioso dei reati: l’uomo ha abusato ripetutamente della propria figlia di appena due anni, filmando con lo smartphone le violenze per immettere le immagini su piattaforme dedicate a queste orribili perversioni.
È evidente che lo facesse a scopo di lucro, cedendo cioè i filmati a pagamento. Ma non solo a scopo di lucro, perché i pedofili provano un enorme piacere nel mostrare i loro “trofei”.
Sappiamo come il Dark Web, ossia quella parte clandestina di Internet non raggiungibile se non attraverso motori di ricerca molto specifici, sia letteralmente invaso da siti pedopornografici.
La ramificata rete dei pedofili sguazza liberamente in questa parte sommersa del web. Si incontrano online, chattano raccontandosi le proprie esperienze, scambiano foto di minori o le comprano, anche a prezzi proibitivi.
È una realtà che alimenta se stessa, visto che chi compie questi crimini orribili spesso lo fa, oltre che per appagare le proprie aberranti inclinazioni, anche per arricchirsi.
Trovare questi luoghi di incontro virtuali, identificare quelli che vi partecipano e arrestarli non è impresa da poco, proprio per l’abilità con cui questo tipo di criminalità riesce a nascondersi e operare grazie ai nuovi mezzi che la tecnologia informatica offre.
Anche la prevenzione è molto difficile, visto che spesso gli abusi avvengono tra le mura domestiche, ai danni di bambini che non solo non possono difendersi, ma neppure raccontare che cosa subiscono perché ancora non sono in grado di parlare.
Eppure le vittime di abusi sessuali mostrano sempre i segni delle violenze, sia sul corpo che nei comportamenti: sono spaventati, inappetenti, chiusi in se stessi, spesso apatici.
Com’è possibile, in una famiglia, non accorgersi di questi segnali?