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In un parco pubblico di Cagliari un uomo di 35 anni si è avvicinato a una bambina di 10, che si trovava a giocare in disparte, per molestarla sessualmente.
Per fortuna la bimba non si è fatta sopraffare dallo choc. Le sue urla e quelle dei compagni di gioco hanno subito richiamato l’attenzione di molti adulti lì presenti, che sono accorsi e dopo aver circondato lo sconosciuto si sono scagliati contro di lui ricoprendolo di calci e pugni, perfino mentre tentava la fuga.
Il molestatore è stato salvato da una pattuglia di passaggio, che è riuscita a sottrarlo a una folla inferocita che con tutta probabilità avrebbe continuato a infierire su di lui.
La polizia l’ha quindi scortato al più vicino pronto soccorso, e una volta medicato è stato denunciato per violenza su minore.
È ovvio che siamo tutti contro la violenza esercitata in forma privata, anziché attendere i tempi e le forme della giustizia istituzionale.
Ammettiamo tuttavia che sia difficile non comprendere umanamente un tipo di reazione così istintiva davanti a un comportamento tanto spregevole.
Per quanto cerchiamo di proteggere e sorvegliare i nostri figli, il rischio che un malintenzionato approfitti di un attimo di distrazione resta comunque alto.
Sarebbe opportuno il ritorno a un monitoraggio collettivo, come quello praticato dalle comunità a cui appartenevano le generazioni passate, quando non ci si limitava a tenere d’occhio i propri figli, ma si stava attenti a tutti i bambini presenti, in quanto soggetti a rischio.
Forse a quei tempi era più chiaro che i nostri figli non sono solo nostri, ma sono figli del mondo e vanno aiutati e tutelati da chiunque ne abbia la possibilità.
Questo controllo incrociato risulterebbe senz’altro più efficace di quello esercitato singolarmente solo sui minori di nostra “competenza”.

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