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È di qualche settimana fa questa notizia di cronaca avvenuta tra le mura di un istituto religioso sull’isola di Ischia.
Sono state accertate violenze ai danni di minori anche della più tenera età da parte di alcune suore. In particolare le accuse hanno coinvolto la superiora, e tre consorelle a cui è stato imposto il divieto di dimora in Campania.
La direttrice dell’istituto è stata arrestata dopo le denunce presentate da alcuni genitori, comprovate da immagini filmate da una ragazzina che frequentava la scuola privata. Si è venuto così a sapere di maltrattamenti che andavano avanti da anni, e che includevano schiaffi, pugni e calci ai danni dei bambini.
Ancora più deprecabile è che l’istituto in questione, nato come orfanotrofio, oltre al normale comprensorio scolastico ospita minori allontanati dalle famiglie di origine per disposizione dei servizi sociali e affidati alle suore che, anziché prendersene maggiore cura, li punivano violentemente, ben sapendo che con tutta probabilità non ci sarebbe stato alcun famigliare a lamentarsene.
La superiora durante i venticinque anni trascorsi nel collegio era riuscita a collezionare varie benemerenze e a crearsi una reputazione che, nonostante la suora sia stata filmata durante le aggressioni, tuttora persiste tra i difensori dell’istituzione ischitana.
Uno dei provvedimenti più efficaci per prevenire notizie come queste, che riempiono troppo spesso le pagine di cronaca nazionale, sarebbe forse quello di installare un circuito di telecamere all’interno di luoghi che prevedano la presenza di minori, che spesso faticano a raccontare le brutte esperienze subite, e quando lo fanno rischiano di non essere presi sul serio.
Oltre che ai fini degli accertamenti nel corso di eventuali indagini, le telecamere servirebbero da deterrente per quegli educatori che talora sembrano prendere il loro lavoro come una valvola di sfogo di frustrazioni pregresse, da scaricare contro i soggetti più indifesi.

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