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Alcuni giorni fa a Firenze la targa che commemora le vittime italiane delle Foibe è stata spezzata. Un episodio che si è ripetuto più volte nel corso degli anni, da quando l’amministrazione comunale ha deciso di intitolare un luogo cittadino a chi ha trovato una morte tanto atroce per mano dei partigiani del Maresciallo Tito.
Prendiamo spunto da questo becero atto vandalico per un ragionamento più ampio, proprio oggi, nel “Giorno del Ricordo”, dedicato a una delle tante tragiche pagine della Seconda Guerra Mondiale.
Crediamo sia importante onorare tutti quegli innocenti brutalmente infoibati solo perché di origine italiana.
Riteniamo altrettanto necessario ricordare che l’utilizzo delle Foibe aveva dei precedenti: i primi a usare queste profonde fosse naturali nel territorio istriano furono i fascisti, durante l’occupazione delle terre croate, per far sparire i dissidenti locali, in un’operazione genocida tesa ad annullare le radici culturali della zona conquistata e dare libero spazio agli occupanti.
Da questo punto di vista, quel che fecero gli uomini di Tito si profila come una vendetta per i soprusi subiti, che ovviamente resta del tutto ingiustificabile perché andava a colpire persone che spesso nulla c’entravano con le violenze messe in atto dal regime di Mussolini.
Non dimentichiamo infatti che molti antifascisti furono obbligati ad andare a lavorare nelle miniere istriane, come ha ben raccontato Giorgio Franzaroli nella graphic novel “Orrido famigliare”.
Sarebbe assai più corretto non ideologizzare le tragedie perpetrate dall’uomo sull’uomo a fini meramente politici, almeno quanto sarebbe importante avere una visione ampia e completa degli eventi storici.
È doveroso compiangere le vittime di qualsiasi barbarie per quello che hanno dovuto subire, senza usarle come argomento propagandistico, che non farebbe che strumentalizzarle, togliendo loro ogni spessore umano, così da aggiungere ulteriore offesa alla loro memoria.
Lo sfregio recentemente compiuto a Firenze è l’esatta conseguenza di questo clima fuorviante.

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