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Oggi, Giornata Mondiale della Salute, ci sembra doveroso parlare di ragazze giovanissime che vedono la loro salute compromessa per difendere le proprie idee e diritti contro un regime e un clima religioso oppressivi soprattutto a discapito della parte femminile della società.
È quello che sta succedendo in Iran da qualche mese.
Più di mille ragazze, anche giovanissime, addirittura sotto i dieci anni d’età, sono state curate o ricoverate per aver inalato gas velenoso all’interno degli istituti scolastici che frequentavano.
Questi eventi rientrano chiaramente nei tentativi di repressione messi in atto dal potere politico e religioso del Paese sin da settembre scorso (dopo la morte di Mahsa Amini) contro le molte cittadine che manifestano in opposizione al regime teocratico, rivendicando a gran voce un maggiore diritto di autodeterminarsi.
Non si sa ancora se gli avvelenamenti siano pilotati direttamente dal governo o da frange islamiche autonome.
Di certo il recente arresto di un centinaio di persone mentalmente disturbate a cui le forze di sicurezza attribuiscono tali azioni appare più che altro come la goffa ricerca di un capro espiatorio, tanto per buttare un po’ di fumo negli occhi all’opinione pubblica internazionale.
È molto significativo che i facinorosi che stanno dietro alle intossicazioni seriali abbiano scelto come proprio obiettivo le giovani studentesse, nell’intento di impedire a tutti i costi il proseguimento degli studi.
Donne segregate in casa, coperte dal velo, senza un’istruzione adeguata e dedite unicamente alla crescita dei figli e alle faccende domestiche sembrano essere l’ideale di chi comanda l’Iran.
Ma le donne iraniane si stanno eroicamente opponendo con una forza granitica, che nessuno tra i loro oppositori di certo avrebbe potuto immaginare.

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