Qualche settimana fa è circolato in rete un video, filmato dal calciatore Enzo Fernández, in cui lui e i compagni di squadra della nazionale argentina esultavano negli spogliatoi a suon di cori razzisti contro i giocatori neri della Francia.
L’episodio è avvenuto alla vittoria della Copa América, e il coro in questione è nato dai tifosi della squadra nel 2022, quando l’Argentina vinse ai Mondiali contro la Francia.
Non solo l’Argentina non ne prese le distanze allora, ma a quanto pare ne ha accolto i principi, tanto da inglobarlo nei festeggiamenti dei calciatori stessi.
Purtroppo il calcio non è affatto nuovo al razzismo, ma in questa storia ci sono diversi elementi allarmanti.
Primo: Fernández ha solo 23 anni. È scoraggiante che anche nella nuova generazione di calciatori il cameratismo machista prenda il sopravvento sul cambiamento; e il fatto che non si sia posto il problema prima di condividere il video sui social la dice lunga sulla sua consapevolezza razzista.
Secondo: le maglie dell’odio calcistico sono tentacolari e stritolano anche altre minoranze. Una parte del coro, infatti, è riservata all’insulto contro Kylian Mbappé, formidabile calciatore francese, per il solo fatto di aver avuto una relazione con la modella transgender Ines Rau.
Terzo: il Sottosegretario allo Sport argentino, l’unico uomo in una posizione di potere che si è permesso di chiedere delle scuse ufficiali al capitano Lionel Messi e alla Federazione, è stato licenziato dal governo (guidato dall’estremista di destra Milei).
Questa la nota ufficiale: “Nessuno può dire alla Nazionale argentina campionessa del mondo e bicampionessa d’America cosa commentare, cosa pensare e cosa fare”.
È una notizia che rievoca libri come quelli di Toni Morrison e di Ta-Nehisi Coates: le speranze per una persona nera di vivere come tutti gli altri vengono abbattute da chi finge di non avere pregiudizi.
Quando smetterà il calcio di essere una cloaca eruttante odio?