Ricordo ancora oggi un mio compagno di corso che all’università falsificava il libretto degli esami per fare bella figura con i genitori.
Quando la segreteria gli richiese il libretto per questioni amministrative, lui lo consegnò e l’imbroglio venne a galla.
È forse con la stessa incomprensibile leggerezza che un dipendente AMA, la società dei rifiuti di Roma, ha portato il suo computer in un centro assistenza.
Appena il tecnico ha iniziato a lavorarci è corso alla polizia: nel pc c’erano oltre 500 filmati di bambine costrette a subire rapporti sessuali da adulti. E in casa il 60enne aveva due hard disk con altre 2mila immagini. È stato arrestato e ora si trova in carcere.
Purtroppo la pedofilia, nonostante sia forse il reato peggiore fra tutti, è molto diffusa: lo scorso ottobre era finito in manette un usciere della Sovrintendenza capitolina ai beni culturali.
Ben 6mila video trovati in suo possesso ritraevano bambini costretti a subire atti sessuali con adulti.
“Non li ho girati io i video, li ho solo scaricati”, ha provato a giustificarsi l’uomo al momento dell’arresto, cercando di sfruttare il luogo comune del dipendente pubblico fannullone che durante le ore di lavoro vaga sul web perché “mia moglie non mi capisce”.
Facendo finta di non sapere che violentare un bambino e procurarsi il filmato dello stupro sono entrambi reati: finché ci sarà qualcuno disposto a pagare ci saranno bambini stuprati.
Perché nella pedofilia la domanda crea l’offerta, e i corpi dei bambini sono merce.
Nei pedofili impera un degrado morale esasperato che li spinge a considerarsi una tribù, accomunati tutti da un disgustoso desiderio sessuale.
Secondo i dati della polizia postale nel 2024 sono state eseguite oltre 2.800 indagini, effettuati 144 arresti e denunciate 1.028 persone.
Forse il fatto di essere in tanti fa sentire i pedofili “normali”.
Altrimenti come si spiegherebbe l’impiegato che porta il suo pc in assistenza come se non ci fosse nulla da nascondere?