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Quella che state per leggere è una storia incredibile, ma vera. Un esempio perfetto di ingiustizia.
La notte del 23 giugno 2021 una prostituta rumena di 55 anni incontra un cliente in un hotel vicino alla stazione Termini di Roma. I due hanno un rapporto sessuale, regolarmente pagato dall’uomo.
Dopo aver terminato, però, lui (35 anni, iracheno) impone alla sex worker di averne un secondo. Lei rifiuta e lui la violenta.
La donna va in commissariato per denunciarlo e l’uomo viene arrestato.
Nel frattempo, la 55enne non si presenta più nelle sedi legali e non va a testimoniare quando il processo inizia.
In Tribunale, quindi, viene ascoltato solo l’accusato, che si dichiara innocente: secondo la sua versione si sarebbe limitato ad avere un solo rapporto consenziente con la vittima.
Alla fine del procedimento penale, la giudice, Maria Bonaventura, decide di assolvere l’uomo perché “la persona offesa si limitava a denunciare l’accaduto e a segnalarlo alle forze dell’ordine senza manifestare, neppur implicitamente, alcuna istanza punitiva nei confronti dell’autore del reato”.
Alla donna, quindi, viene imputato il difetto di non aver espresso esplicitamente la sua volontà di far punire l’uomo.
È agghiacciante sapere che in un caso del genere sia indispensabile specificare una richiesta implicita e ovvia (altrimenti perché denunciare?), eppure la legge lo prevede.
La giudice Maria Bonaventura, comunque, non è nuova a questo tipo di sentenze: è stata lei ad assolvere l’operatore scolastico che nel 2023 aveva palpeggiato una studentessa perché l’atto era durato solo pochi secondi.
E sempre lei era a capo della seduta giudiziaria che assegnò delle attenuanti a un uomo che aveva accoltellato la moglie durante un litigio, sostenendo la presunta volontà dell’uomo di sferrare solo dei colpi “deboli”, senza intento omicida.
Per quanto questa storia sia paradossale, che serva da monito per tutte le donne: non dimenticate di esprimere esplicitamente la vostra volontà di punizione dell’uomo che denunciate per violenza!

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