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“Stai lontano dal mio corpo, e dalla mia anima,” scrive Anita Docile nel suo sorprendente volume “A volte mi calmo”: un diario sull’amore e il disamore che talvolta gravano su di noi.
L’Italia, agli ultimi posti tra i paesi che contrastano la cultura omofoba e sessista, finalmente vede all’orizzonte l’approvazione definitiva della legge Zan: 10 punti per dichiarare che ogni attacco reale o simbolico alla diversità di genere, al libero orientamento sessuale e alla disabilità è un’aggravante e un reato, per disarmare l’aggressività verso coloro che vengono considerati “diversi”. Ma diversi da chi?
E se invece ci concentrassimo su ciò che abbiamo in comune, noi, tutti diversi?
Basterebbe capire che il bisogno d’amore è universale e naturale, dove naturale significa personale e inviolabile sacralità dell’individuo, donna o uomo che sia, per coltivare dentro di sé una sana educazione sentimentale, a prescindere dal proprio orientamento sessuale.
Come riuscirci? Affidandoci ai buoni libri, ovviamente.
“A volte mi calmo” di Anita Docile è un ottimo strumento: immagini e parole che sostano nella ferita dell’abbandono, nella fragilità di chi resta solo, con addosso ancora il profumo della pelle amata; frasi semplici eppure radicali, come sono radicali e semplici i ragionamenti del cuore, che ci martellano le tempie quando vorremmo solo dimenticare:
“Oggi ho ascoltato la canzone più triste del mondo
a un volume straziante.
Detesto farmi del male
ma ogni giorno è necessario.
Mi devo ricordare di non amarti più, amore mio.”
Un libro che parla di sentimenti, di quel patire l’amore mentre si è obbligati a confrontarsi con se stessi, che investe tutti gli esseri umani e i loro corpi, perfetti o imperfetti che siano, magistralmente evocati dalle illustrazioni di Catherina Romanelli che accompagnano il testo. Corpi che pretendono carezze e conforto.
Il salto che ci porterà dalla barbarie alla civiltà può avvenire solo nel rispetto del corpo e delle emozioni altrui, lo stesso rispetto che dovremmo riservare al nostro corpo e alle nostre emozioni.
Per riscoprire dentro di noi una ostinata, invincibile tenerezza che ci renderà diversamente simili, gli uni con gli altri.

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