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Chiudete gli occhi.
Immaginate di vivere in un mondo privo di qualsiasi paura per ciò che non si conosce, per quanto innocuo possa essere, di ogni discriminazione, di distinzioni tra generi, di pregiudizi nei confronti della libertà di amare chi si vuole.
Adesso riaprite gli occhi e provate con tutte le forze a non lasciarvi amareggiare dalla realtà.
Perché, in fin dei conti, basterebbe poco per avvicinarsi, un passo alla volta, alla realizzazione di un sogno di libertà: più voglia di comprendere e meno di giudicare.
Ma invece, in un mondo all’avanguardia come il nostro, in cui tre passi verso il progresso sono accompagnati da sei passi verso il regresso morale, questo sogno è lontanissimo dal realizzarsi.
E la cronaca non fa altro che ribadirlo.
Come nel caso delle recenti affermazioni di un consigliere comunale vicentino sulla inutile necessità di approvare il Ddl Zan.
Una legge che rappresenterebbe, sì, un passo in avanti verso la piena tutela dei diritti di ciascun individuo. Indipendentemente dal suo essere donna o uomo.
Individuo, svincolato da limiti e paure imposti dall’esterno, figli di una diffidenza ottusa per ciò che è diverso da una presunta “normalità”.
Una normalità per cui è consentito battersi anche con violenze fisiche e psicologiche per eliminare l’Unicità dell’Altro.
Ma è una violenza che non sconvolge, che non è considerata emergenza, perché (parole sue): “i gay non sono una specie in via d’estinzione”, perciò possono pazientare tranquilli.
Indignarsi non basta, farsi una risata nemmeno: non sono le ridicole elucubrazioni di un cervello in evidente difficoltà, sono il frutto di una mentalità fin troppo radicata: se non sei come me, sei contro di me.
Ma quando noi italiani siamo diventati così avari di buon senso?

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