Nel maggio 2020 l’America è stata testimone dell’assassinio di George Floyd da parte della polizia, durante un arresto per il sospetto utilizzo di una banconota contraffatta.
Un episodio preceduto da tanti altri a cui non era mai stata attribuita la giusta importanza, ai quali si guardava con indifferenza.
La stessa indifferenza con cui i passanti delle strade di Minneapolis hanno assistito all’ennesimo abuso da parte delle forze dell’ordine americane.
Eppure, la morte di George Floyd sembrava aver cambiato davvero qualcosa.
Perché migliaia e migliaia di persone in ogni parte del mondo avevano deciso di non poter più assistere a episodi del genere e rimanere impassibili.
E in un momento in cui tutti si erano ritrovati rinchiusi in casa per colpa di un fantasma invisibile la cui potenza era ancora sconosciuta, i social si erano trasformati in una piazza pubblica in cui manifestare al grido di “Black Lives Matter”.
Ma spesso dimentichiamo quanto sia facile ergersi a paladini di un movimento attraverso lo schermo di un dispositivo tecnologico. E quanto sia semplice scrivere un pensiero di solidarietà, che magari ci farà guadagnare tanti like perché abbiamo detto la cosa giusta al momento giusto.
Però l’odio e il razzismo non si possono combattere solo a colpi di post su Instagram: sono sentimenti infidi e si annidano ovunque e sempre.
Infatti un gruppetto di rancorosi qualche giorno fa ha imbrattato con della vernice blu proprio una statua di George Floyd a Union Square, nel cuore di Manhattan.
Un atto di vigliaccheria, compiuto senza vergogna in pieno giorno, che mostra quanto sia sempre valida l’alternativa di rifugiarsi nell’intolleranza. Perché, in fondo, costa meno fatica odiare, anche senza avere un valido motivo, piuttosto che provare a comprendere.
È più facile distruggere, anziché imparare a convivere senza trasformare le differenze in disuguaglianze.
Non basta postare sui social una fotografia in cui un gruppo di persone si abbraccia come se fosse parte della stessa grande famiglia.
Bisogna provare a farne parte sul serio, nella vita di tutti i giorni, insegnando a chi ci sta vicino il rispetto e la tolleranza.