Jos Beek era un ginecologo che dagli anni ’70 nell’ospedale di Leiderdorp in Olanda si occupava della fecondazione eterologa, indicata alle coppie con difficoltà di concepimento, che necessita di un donatore anonimo di sperma.
Nel 2021 un nuovo ospedale incorpora quello in cui lavorava Beek e inizia un’indagine interna richiesta dalla FIOM, un’organizzazione che rintraccia i genitori biologici dei figli concepiti con la fecondazione artificiale.
È allora che si scopre che non esiste una lista di donatori di seme e che l’unico padre biologico riconducibile a più di quaranta bambini è proprio il dottor Beek.
Diviso tra la volontà di aiutare le coppie che si rivolgevano a lui e un delirio di onnipotenza che supera ampiamente i limiti del lecito, quello di Beek non è stato l’unico caso. Prima di lui altri ginecologi, sempre in Olanda, si erano avvalsi della professione per raggiungere lo stesso scopo: dare alla luce bambini e aumentare il proprio prestigio professionale.
La linea sottile tra moralità e immoralità non sempre è ben definita e a volte non si riesce ad agire secondo buonsenso, soprattutto se si hanno ambiziose manie egocentriche.
Però alcune persone più di altre dovrebbero tenere a freno queste tendenze proprio per il ruolo che rivestono: un camice bianco deve essere sinonimo di affidabilità, sicurezza e cura, ed è chiamato a un giuramento che esula dalle strette competenze mediche.
Fino a che punto ci può spingere l’egoismo?
Il dottor Beek sicuramente ha superato ogni limite, infrangendo protocolli medici e regole etiche, diventando soggetto attivo in una metodica complessa e delicata, quella della procreazione assistita, ingannando i genitori e le vite in arrivo.