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“Ascoltate, dobbiamo dirlo, e dobbiamo dirlo chiaramente: se da ragazzina qualcuno mi avesse spiegato meglio alcuni aspetti della sessualità, oggi forse sarei una donna diversa. E come me molte altre donne. Invece ogni giorno migliaia di quindicenni, trentenni, cinquantenni di tutto il mondo si lasciano filmare con un telefonino mentre fanno sesso, solo per compiacere qualcuno o per assecondare la propria vanità. Senza rendersi conto dei rischi che corrono. Perché qualunque filmato finisca in Internet, o venga condiviso tramite una chat, non potrà essere cancellato. Mai. Da nessuno.”
Il progetto social “Donne non facciamolo in Rete” è nato così, dalle pagine del romanzo “La turista italiana” di Maria Tina Bruno, da cui è tratto il brano che avete appena letto.
Un romanzo attualissimo, da leggere d’un fiato, perché ci conduce in un’avventurosa ricerca di senso, per le vie impervie del sesso, dell’amore, dell’amicizia, attraverso un viaggio in Grecia che sembra ribaltare la vita della protagonista e, a forza di verità e incontri, riesce a condurre il lettore verso una luminosa chiarezza: la vera libertà non è un dono e neppure un talento di cui alcuni sono provvisti e altri no, ma va coltivata senza incertezze, attraverso l’esperienza, gli errori, la conoscenza di noi stessi e dei nostri limiti.
Lo sanno bene le donne che curano le pagine Facebook e Instagram di “Donne non facciamolo in Rete”, uno spazio seguito da oltre 8500 persone per riconoscere al volo le trappole del Web, condividere notizie, microracconti e riflessioni a contrasto del Revenge Porn, quel fenomeno vergognoso che spesso conduce le vittime alla disperazione e al suicidio, come nel caso di Carolina Picchio (14 anni) o Tiziana Cantone (31).
Fotocamere, telefoni, Rete: ad attivare il circuito con cui un gioco intimo si trasforma in un incubo basta un “clic”, e la vita, da quel momento, non è più nostra.
Se gli uomini non cambiano, cambiamo noi donne: lasciamoci alle spalle moralismi e ingenuità, sosteniamoci reciprocamente, rendiamoci conto del perché viene così “spontaneo” mettere la propria vita nelle mani di qualcun altro.

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