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“La mia patria sono io”, la raccolta di racconti della scrittrice italo-egiziana J.H. Yasmin, è uno sguardo sincero e coraggioso sulla condizione femminile nell’Egitto contemporaneo.
Uno sguardo reso possibile grazie alle testimonianze delle donne egiziane che, sotto pseudonimo per tutelarne la sicurezza, hanno raccontato le loro storie dure e ingiuste, per spiegare che cosa significhi essere donna in una cultura così fortemente maschilista e patriarcale: sin da bambine subalterne agli uomini, costrette a obbedire senza discutere, con un compito principale: badare alla casa e fare figli.
Il lavoro, i sogni, le aspettative sono una vetta da conquistare con le unghie e con i denti.
Ma che madri sono quelle che racconta l’autrice?
Una delle protagoniste, Amira, dopo un’infanzia di assoluta povertà, riesce ad affermarsi nel lavoro grazie a una straordinaria determinazione e all’appoggio del marito (requisito fondamentale per qualunque donna sposata che voglia lavorare). La condizione di agiatezza raggiunta le consente di realizzare il desiderio di una vita: organizzare una festa di compleanno per sua figlia, come quelle che a lei era permesso solo sbirciare di nascosto.
Miriam invece sogna tutte le notti che la madre la difenda dall’uomo che l’ha violentata, ma sa che quell’uomo è il marito di sua madre e nessuno in famiglia la aiuterà. La vita nega a Miriam l’affetto che ogni figlio dovrebbe ricevere e perciò, una volta diventata mamma, sarà tenerissima e protettiva.
Ma essere madri, nell’Egitto raccontato da J.H. Yasmin, è un “dovere”: infatti, la maternità che non arriva per Noura rappresenta un’onta gravissima che la porterà a essere ripudiata dal marito.
E poi c’è Jumana, che ama i suoi tre figli, ma purtroppo non è ricambiata per la presenza asfissiante della suocera e del marito che manipolano l’affetto dei bambini e distruggono emotivamente Jumana.
Queste sono solo alcune delle nove storie di “La mia patria sono io”: una testimonianza preziosa per conoscere la verità sulla condizione femminile in Egitto.

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