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“Lui piange e piange e piange, tutto il giorno, spesso pure di notte.
Giuliana non ce la fa più, non ne vuole più sapere. Eppure deve. È lei la mamma. È lei che dovrebbe provvedere a Marcolino, lei per prima, sono la società, la famiglia, il marito a richiederglielo tacitamente. Senza parole, basta un’occhiata, un gesto, il ruolo materno che le incombe addosso con tutto il suo peso. Lo sente come un’imposizione.
Si sente in obbligo di badare a Marcolino per ogni esigenza, assisterlo con tutto il suo amore, che ormai s’è ridotto a quasi niente, confessa, almeno a se stessa.
Prima sì, all’inizio, ancor prima che il gamete le fosse depositato dentro, le sembrava una bella idea.
Aveva una certa età ormai, tutti si aspettavano che avesse un figlio, lei per prima se lo aspettava.
Già si vedeva, a spasso con le amiche, a fare invidia a quelle ancora zitelle, vantarsi in giro di essere anche lei mamma, finalmente.
Era un traguardo da raggiungere, s’era fatto il tempo.
Poi però le cose non si erano rivelate così semplici, così rosee come nei suoi progetti.”
Il brano che avete appena letto è tratto dal racconto “Marcolino”. Lo trovate nel libro di P.G. Daniel “I confini del male”, pubblicato da Pop Edizioni.
Marcolino è un neonato. La protagonista del racconto è sua mamma Giuliana, una donna che ha cercato la maternità per anni. Quando finalmente riesce ad avere un figlio, però, lo vivrà come la rovina della propria esistenza.
Una storia ricorrente, dovuta forse all’impreparazione emotiva di alcune persone, alla difficoltà di diventare genitore, e sicuramente a un apparato sociale che non riesce ad assistere adeguatamente le giovani madri.
Giuliana, nel tentativo di nascondere le sue enormi difficoltà ad accudire un neonato, sprofonderà in un incubo senza fine, che la condurrà a una decisione tragica.

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