Poche settimane fa la Questura di Milano ha eseguito tre misure cautelari a carico di una coppia di coniugi e del loro figlio a conclusione di una lunga indagine partita a settembre scorso, quando una ragazza di origini egiziane ha confessato ai suoi insegnanti di essere stata più volte picchiata dai suoi famigliari.
Il motivo di quelle punizioni?
Uno soltanto: il ragazzo che frequentava non era di loro gradimento. Pare che il fratello abbia aggredito anche il giovane fidanzato.
Questo tipo di notizie ha sempre dell’incredibile, specie quando avviene sul nostro territorio. Eppure è la normalità a pochi chilometri da noi, appena dall’altra sponda del Mediterraneo.
Una realtà descritta perfettamente dalla scrittrice italo-egiziana J.H. Yasmin nel libro “La mia patria sono io”, pubblicato da Pop Edizioni.
Protette da nomi di fantasia, nove donne abbattono il muro del silenzio che le circonda per confidare ai lettori i soprusi che tuttora subiscono in Egitto, tra matrimoni combinati, infibulazione, coercizioni e ripudi che le vedono costrette a tornare alle famiglie d’origine in uno stato di segregazione domestica.
Donne che raccontano la propria verità nella speranza di creare una coscienza collettiva capace di cambiare tradizioni durissime e ormai inaccettabili.
Come in Iran, dove le donne continuano a scuotere il regime che le opprime senza indietreggiare e senza lasciarsi terrorizzare da un potere dispotico e patriarcale.
Ma se nessuno ascolta le loro voci, se nessuno dedica un momento del proprio tempo per conoscere quelle vite così vicine a noi, eppure così distanti, a che cosa sarà servito il coraggio che queste donne hanno dimostrato?