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La forza della poesia risiede nella sua intrinseca potenza, nella capacità di far riemergere la vocazione epica, che caratterizzava originariamente questa forma letteraria, anche quando tratta di temi quotidiani e, a prima vista, banali.
L’espressione poetica ha un senso quando riesce a conferire ai propri contenuti un valore fuori dal tempo e dalle contingenze, rendendoli immortali e sempre veri, indipendentemente dal periodo storico in cui sono stati scritti.
Questo è ciò che si propone di fare, con successo, la raccolta “Ero feroce in sogno”, esordio letterario della giovane poetessa Roberta Margiotta.
Un componimento in particolare riesce a mettere in luce questa natura mitopoietica: il trentesimo. Rievoca un colpo di fulmine, un amore che scocca al primo scambio di sguardi, tanto intenso che sembra affondare in un’eternità precedente ai due innamorati.
“Quando ti ho visto
la prima volta
ti avevo già visto
mille volte prima.”
Un incontro che, nonostante l’apparente banalità di partenza, sembra riecheggiare l’antico mito, platonico o osiriaco, dei due amanti predestinati a unirsi ancor prima di conoscersi.
“Ho iniziato a cercarti
dalla mia nascita.”
È un amore primigenio quello che ci racconta Margiotta, grazie alla sua scrittura concisa e suggestiva. Un amore che sembra esistere da sempre, da ancor prima che i due sapessero dell’esistenza l’uno dell’altra, atteso fino a quel momento come per una sorta di presagio.
“Sentivo il tuo odore
già mio
sul divano di casa
ti assaggiavo
ogni giorno
nei pasti caldi
ogni tanto udivo la tua voce
sussurrare qualcosa dalla finestra.”

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