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C’è un piccolo paese in cui tutti si conoscono, e dove ognuno è pronto a spettegolare di chiunque, eppure, di fronte a un pericolo concreto o a una richiesta di soccorso, la risposta è una generale indifferenza.
Poco fuori da questo paese, in una zona ancora più isolata, al di là del cimitero, c’è una casa abitata da due persone: un uomo e la sua nipotina.
Che cosa succede dentro quella casa? Che cosa sta vivendo quella bambina per colpa dello zio a cui è stata affidata dopo la morte improvvisa dei suoi genitori?
Il paese sospetta, intuisce, ma tace. Preferisce voltare le spalle, non è affar suo.
È questa l’atmosfera in cui è costretta a crescere Gioia, protagonista del romanzo di Lilia Scandurra “Il sangue non fa rumore”, appena pubblicato da Pop Edizioni.
Lo zio non la fa uscire, tranne che per andare a scuola. Le insegna che il mondo esterno è un posto orribile, che l’unica protezione è quella casa. Eppure è proprio lì che Gioia sperimenta l’orrore, scambiandolo, nella sua inesperienza, per quotidianità.
“Nella mia camera non c’è altro che ordine.
Mancanza di errori.
Una perfezione forzata e agghiacciante che non somiglia per niente all’incubo nero nel quale mi trovo.”
Lo zio la costringe a un regime alimentare scarno e insapore, a una pulizia meticolosa del corpo, ma soprattutto ad atti che dovrebbero servire a espellere l’umore nero, a cui la medicina più arcaica attribuiva la colpa di ogni male fisico e dello spirito.
Pratiche a cui Gioia resterà fedele anche quando, divenuta adulta, riuscirà a scappare da quella casa. Almeno sino a quando la grave malattia dello zio non la richiamerà indietro, ai suoi luoghi d’infanzia.
Il passato torna a sovrastare il presente, ma questa volta a ruoli invertiti: il carnefice diventa vittima.
Un romanzo sbalorditivo, che non concede spazio a facili sentimentalismi, ma affronta con straordinaria lucidità il grave tema degli abusi. “Il sangue non fa rumore” inaugura la collana “Fili d’erba”, nata per dare voce alle vittime indifese.
“È così riconoscibile l’odore del sangue.
Quello dell’odio è diverso, varia a seconda dell’ambiente con cui viene a contatto.
L’odio che provo ha l’odore di questa casa.”

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